Champagne Migliore 2023: consigli e prezzi
Indice
Più rosate, più terroir specific, cioè provenienti da uno stesso vitigno o da una singola vigna, biologiche, prodotte dai vigneron oltre che dalle maison: breve guida alle bollicine francesi in evoluzione
Guida per la scelta dello Champagne migliore da bere
Di cosa parliamo quando parliamo di Champagne, in un momento in cui le vendite calano — del 4 per cento in Francia, dell’1,3 per cento in Europa, solo le esportazioni extra continentali reggono — e in cui la regione è minacciata dai cambiamenti climatici, con la temperatura media salita di 1,1 gradi in trent’anni? La risposta è solo una: «Qualità estrema: è l’unica reazione possibile.
E in effetti in Champagne non si è mai lavorato bene come oggi». A dirlo è l’inglese Jancis Robinson, una delle wine critic più influenti, che all’ultima Modena Champagne Experience ha tratteggiato le tendenze in atto nel mondo delle bollicine francesi. Innanzitutto, la diminuzione della chimica, in vigna e in cantina.
La presenza sempre più internazionale dei piccoli produttori, che ha innalzato una competizione positiva con le grandi case: «I vigneron sono ottimi storyteller, perciò hanno spinto anche le maison a raccontarsi, oltre che a basarsi sulla reputazione». E poi: la rivincita delle uve più sottovalutate come il Pinot Gris e il Pinot Meunier, «sempre più Champagne provenienti da singole vigne e da singoli vitigni, quindi sempre più terroir specific, il che è una ricchezza», meno aggiunta zuccherina, «visto che l’acidità è in calo a causa del surriscaldamento globale», più rosé, più invecchiamento (in anfora, in rovere). «Tutti segni che lo Champagne è un vino mobile, che evolve e si aggiorna». Ecco allora una piccola selezione di bottiglie per gustare le tante sfaccettature delle bollicine 2020.
Brut
Lo Chardonnay arrivò in Francia (da Gerusalemme) con i nobili di ritorno dalle Crociate. I primi ceppi furono piantati nell’Aube, nelle terre di Comte de Montaigne. Oggi la firma della casa è il «Brut Grand Réserve»: 30% Chardonnay, 70% Pinot Noir, complesso ma fresco (45 euro)
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Rosé: Champagne rosato
Il primo Champagne rosato ottenuto per assemblaggio (di vino bianco e rosso) porta la firma di madame Clicquot: era il 1818. Oggi il «Rosé» (con cofanetto Pencil che mantiene la temperatura per due ore) omaggia quell’idea con un vino potente ed equilibrato dai sentori fruttati (90 euro).
Dom Pérignon
D opo oltre 15 anni in cantina il «Dom Pérignon Brut Plénitude 2» racchiude il meglio dell’annata 2002, eccellente per il contrasto di vento e calore che ha maturato l’uva alla perfezione. Una bottiglia preziosa e opulenta seppur fruttata (da 400 euro).
100% Chardonnay
Les Champs Renard» è una collina soleggiata della tenuta Jacques Picard, piccolo produttore vicino a Reims. L’extra brut 2013 (100% Chardonnay) è generoso e minerale. Azzeccato per gli aperitivi e i piatti a base di pesce, crudo e non (circa 60 euro).
100% Meunier
Il Pinot Meunier è il secondo vitigno più diffuso in Champagne dopo il Pinot Noir, ma anche il più sottovalutato. Ora vive la sua rivincita: il «Carte Or Brut» di Ardinat è 100% Meunier biologico. Leggermente affumicato, fresco, regge un intero pasto, dai primi alle carni (circa 30 euro).
Extra Brut
Piccoli produttori da otto generazioni, Pierre e Antoine Paillard hanno chiamato «Parcelles» gli extra brut che derivano dalle uve dei loro 22 vigneti a Bouzy, vicino Reims. «Parcelles 2012» (60% Pinot Noir, 40% Chardonnay) è pieno ma pulito. Perfetto per l’agrodolce (da 30 euro).